Sperimentare idee e pratiche conflittuali «fuori mercato»

di Rivolta il Debito
01 giugno 13
Editoriale Rivolta il Debito. Sabato 25 maggio, su invito di Occupy Maflow, a Trezzano sul Naviglio si sono incontrati diversi collettivi che stanno sperimentando localmente pratiche di autogestione e di resistenza alla crisi e alla precarietà, frutto anche di una comune iniziativa sviluppatasi negli ultimi due anni attraverso la campagna di Rivolta il Debito.
La discussione e l'avvio di un nuovo progetto sociale e politico sono stati i temi dell'incontro. Ricercare momenti comuni di azione e uno spazio politico condiviso più che una possibilità diventa una necessità, qui ed ora, tra collettivi studenteschi, collettivi femministi, esperienze di autogestione e recupero operaio, pratiche di autorganizzazione e mutuo soccorso, centri sociali, collettivi territoriali ambientalisti e contro le speculazioni finanziarie, collettivi lgbt, migranti in lotta contro la legge Bossi-Fini, esperienze sindacali non consociative, aree del pacifismo radicale e della solidarietà internazionalista.

Non può sfuggire che l'attuale crisi economica e sociale e il dissolvimento delle esperienze organizzate di quella che fu la sinistra alternativa hanno determinato un vuoto di progetti politici e di iniziativa sociale che riguarda tutti quei soggetti che si battono per una trasformazione radicale della società.
Una realtà dura che richiede un deciso cambio di passo. L'adattamento al teatrino delle politica istituzionale oppure la nostalgia di simbologie e di miti di un passato che non ritornerà più sono le facce di una stessa medaglia. Una pratica e un immaginario, lo si è visto anche alle recenti elezioni amministrative, che non reggono e non da oggi. Non si tratta certo di mancanza di modelli di riferimento più o meno improbabili. E' la crisi profonda delle forme organizzate come si sono conosciute negli ultimi decenni.
Quello che possiamo fare è metterci in cammino, sperimentare, con un'ipotesi nella testa e molta voglia di accumulare energie, fare esperienze, rompere il corto circuito che si è finora determinato tra il progetto politico e l'esperienza sociale. La crisi strutturale della forma, dei contenuti e delle modalità aggregative di quello che è stato chiamato partito politico non elimina il bisogno di politica e di un progetto alternativo. Gli esiti in cui tutto ciò si comporrà nel futuro non sono prevedibili. Questo tuttavia non significa consegnarsi al localismo o ad ideologie accecate da un inevitabile radioso avvenire.

Ci tiene insieme una visione della democrazia diretta e radicale come elemento fondante l'emancipazione sociale e la costruzione di una società alternativa; l'autorganizzazione come strumento di contrasto a burocrazie e apparati e di affermazione di vecchie/nuove soggettività non omologabili; l'autogestione come esperimento per allargare le contraddizioni delle leggi del mercato; le pratiche di mutuo soccorso come strumento per ripensare una solidarietà di classe; la consapevolezza necessaria della rottura delle regole e delle leggi del modo di produzione capitalistico; la dimensione internazionale dei movimenti come spazio indispensabile alla loro efficacia; l’urgenza di una conversione ecologica della produzione e degli scambi; la centralità della critica di genere e dei meccanismi che riproducono un sistema patriarcale eteronormato; una concezione dei diritti dei migranti come luoghi politici del conflitto; un confronto aperto con nuove culture e stili di vita non irrigimentati dalle politiche neoliberiste.

Sappiamo bene quanto siano illusori progetti di autogestione e di riappropriazione sociale intesi come “spazi liberati” dall'economia di mercato o come fuga dalle ideologie neoliberiste. Non ci interessa percorrere strade che si sono già rivelate senza uscita. Viviamo in un periodo in cui occorre ricostruire una coscienza critica che metta in discussione il domino del capitalismo contemporaneo e una maggior efficacia dei processi di auto-emancipazione e autorganizzazione.

Vogliamo ragionare su come autogestione e autorganizzazione possano diventare strumenti di “contropotere” in modo da evitare errori e orrori del passato. In questo senso si muove la strategia riappropriazione conflittuale su cui si è incamminata l'esperienza, che non è un modello, di Ri-Maflow. Una conflittualità fuori e contro la dittatura del mercato.

Per aprire ancor di più le nostre esperienze di autorganizzazione e autogestione sociale, per espanderle e consolidarle nei territori, per inserirle pienamente nei conflitti del lavoro vivo e in difesa dei beni comuni, dell'ambiente, contro il patriarcato e per la libertà sessuale abbiamo individuato alcune iniziative per i prossimi mesi:

* costruire e partecipare alle reti locali e nazionali che ristabiliscano le connessioni tra lotte, resistenze, comportamenti sociali della nuova composizione di classe
*la difesa dei beni comuni contro ulteriori privatizzazioni e per la risocializzazione di servizi (a partire dalla sanità e dalle risorse idriche);
* diffondere pratiche di riappropriazione sociale – produttive, aggregative, culturali, di consumo consapevole, ambientali – come sperimentazione di spazi “fuori mercato”.
* sviluppare e consolidare le campagne promosse dal “Forum per una nuova finanza pubblica e sociale” del quale siamo fin dall’inizio protagoniste/i, sulla base dell’esperienza di Rivolta il debito e sulla centralità del rifiuto del debito;

Strumento per noi indispensabile affinché le sperimentazioni possano comunicare e non semplicemente “mettendole in rete”, sarà un sito che nascerà a luglio, collegato a una rivista semestrale.
Entrambi saranno occasioni di incontri e riflessioni comuni sulle nostre e altre esperienze, di energie intellettuali che vogliono partecipare a questa ricerca.
Per presentare, approfondire, discutere in maniera aperta questi temi e il progetto che vogliamo sviluppare, ci diamo appuntamento a Roma ospiti di Communia per un meeting nazionale nella metà di settembre: l'inizio di un nuovo cammino.

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