Paesi che odiano il debito

Ecuador: sette mesi dopo essere stato eletto il presidente Rafael Correa ha deciso di effettuare un’analisi del debito del paese e delle condizioni alle quali era stato costituito. Si è insediata, così, nel luglio 2007, una commissione d’audit composta da 18 membri che ha riscontrato la violazione delle regole elementari in molti prestiti. Nel 2008 il presidente ha deciso di sospendere il rimborso dei titoli in scadenza nel 2012 e nel 2030. L’Ecuador ha risparmiato 7 miliardi di dollari in larga parte utilizzati per aumentare le spese in sanità, educazione, sussidi sociali e infrastrutture.

L’Argentina ha rifiutato il rimborso del suo debito tra il 2001 e il 2005. Paradossalmente, la rottura delle relazioni finanziarie internazionali ha dato un grande slancio economico. Il “default” ha facilitato il negoziato con i creditori e dopo aver sospeso il rimborso del debito l’Argentina lo ha rinegoziato nel marzo del 2005 al 45 per cento del suo valore. Il paese tra il 2003 e il 2010 è cresciuto tra l’8 e il 9% l’anno.

L’Islanda figurava ai primi posti per l’indice di sviluppo umano dell’Unpd, davanti a paesi come gli Usa o la Gran Bretagna. Nondimeno, il debito pubblico è schizzato verso l’alto a partire dal 2003. Sull’onda di politiche liberiste si scelgono le privatizzazioni, le liberalizzazioni e le banche si espongono nella speculazione internazionale. Il loro debito arriva nel 2008 a 10 volte il Pil e la crisi Lehman Brothers le costringe al crack. Anche qui, la nazionalizzazione socializza le perdite e Gran Bretagna e Olanda, intervenute per rimediare ai danni, presentano un conto da 3,9 miliardi. L’Islanda dovrebbe rimborsare i suoi debiti ma un referendum nel marzo del 2010 dice No con il 93 per cento dei voti. Un nuovo referendum si svolge nel 2011 e anche questa volta i no, con il 57 per cento, hanno la meglio.

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